Giovedì 25 marzo 2021
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A parte la cordialissima e numerosa partecipazione, il pregio forse maggiore dell’incontro dell’Antelao su Adriano Olivetti è legato all’inquadratura dal vivo di un’esperienza vissuta del relatore: ci ha consentito uno “sguardo dall’interno”, come una chiave privilegiata per entrare nel “capitalismo dal volto umano”, nel “sogno di un imprenditore illuminato” fattosi realtà nel secolo che abbiamo alle spalle.
Penso che il racconto di Ezio Zodo sia stato emozionante perché, come testimonianza ricca riportata con linearità e chiarezza, per antitesi ha fatto forse nascere in ciascuno il rammarico per l’immagine del Veneto di oggi, industrializzato a tappeto e con criteri etici ed estetici ben diversi dalle intuizioni e dalle realizzazioni di Adriano Olivetti, nel contesto piemontese e oltre, giacché alla sua visione non mancò il meridionalismo. Uomo complesso, in sé coniugava l’intelligenza ebraica paterna e la venatura calvinista della madre valdese: in più forgiato nella tormentata storia del Ventennio – ancor vivo il padre – e del secondo Dopoguerra.
Pesa sull’umanità la maledizione biblica del lavoro-punizione, della dura fatica: a cui si è, nel corso del tempo storico, aggiunta l’ombra dello sfruttamento. Ma il lavoro può essere anche gratificazione, realizzazione sia di manufatti sia di se stessi: è stata una scoperta (lenta, faticosa e neppure dovunque omogenea) del processo evolutivo delle rivoluzioni industriali, che talvolta hanno ospitato la forza propulsiva dell’utopia che sa farsi concretezza.
Non è il caso di addentrarsi in discorsi teorici, quanto invece di sottolineare come la testimonianza articolata di Zodo su “Mamma Olivetti” che seguiva i propri dipendenti e le famiglie per tutta la vita, abbia rinsaldato la consapevolezza che dietro alla nuda dinamica di offerta/prestazione di lavoro dovrebbe sempre esserci una visione della vita e dell’uomo, aperta alla sociologia, all’etica, all’estetica, per quanto sempre nell’alveo del capitalismo, in cui il nostro Paese rientra.
L’incontro non solo ha destato l’interesse e la spinta per molti a dare il proprio personale contributo: ha fatto accarezzare il sogno, l’ipotesi – che potrebbe diventare progetto quando l’orizzonte sarà sgombro di ansie e paure da Covid – di una visita dell’Antelao alla città dell’Industria di Ivrea, diventata nel 2018 il 54esimo sito italiano patrimonio dell’ Unesco e ai suoi dintorni. E sarebbe proprio bello se al viaggio partecipasse Ezio Zodo!
Gianfranca o Lia Melisurgo